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La figura del monaco nel Taoismo

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Taoismo, taoismo, Tao, Daoismo, daoismo, Dao, yin yang, wu xing, bagua. La Chiesa Taoista d'Italia promuove il Taoismo (Daoismo) seguendo il Tao (Dao), per i taoisti.

La figura del monaco nel Taoismo


Monastero di Fonte Avellana, 22-24 ottobre 2013
Riunione annuale della commissione italiana del DIM


Premessa

Il Taoismo è un fenomeno antropologico molto complesso perché è il risultato della convergenza e fusione di molteplici correnti di pensieri e di pratiche spirituali, mistiche e religiose.
Nasce come fenomeno mistico da parte di sparuti anacoreti per giungere a essere una delle più grandi religioni al mondo, praticata da milioni di persone, mentre i suoi principi, come Yin e Yang e l’Armonia Naturale tra Cielo, Uomo e Terra, sono diventati universali, superando barriere storiche, politiche e religiose.

Nella cultura occidentale, a cominciare da Matteo Ricci (1552 – 1610) si è cercato ripetutamente di comprendere il pensiero taoista tramite modelli cognitivi per lo più cristiani, generando incomprensioni se non addirittura malintesi, ancora oggi irrisolti.

Tanto per cominciare il pensiero taoista è proteso verso l’equilibrio del singolo e non verso una salvezza collettiva, sebbene molte correnti religiose taoiste, abbiano fatto di questo uno dei loro pilastri fondamentali (vedi Scuola dei Maestri Celesti).

Il Taoismo è un sistema fenomenologico centrato sull’analisi della realtà.
Esso non fa distinzioni tra corpo e psiche così come ritiene la vita e la morte come due momenti reali dello stesso processo naturale.

Indubbiamente, d’altra parte, il Taoismo sa che esiste un "Mistero" (Xuán
) oltre la realtà esistente, avendo la percezione di valori che vanno di là dalla vita e dalla creazione in generale.
Ad esempio la ricerca dell’"immortalità", tema costante del pensiero e della pratica taoista, non è altro che la concretizzazione di quanto sopra. Infatti, essa non è intesa come spostare ab aeternum la morte ma come realizzare al pieno la propria natura (Zìrán
自然) intesa in senso globale come unità di corpo, mente e spirito, in vista di superare la Porta del Mistero, Xuánmén 玄门, e tornare nell’indistinto (Hùndùn混沌).

Nel Taoismo, come per Platone e nel Cristianesimo, il desiderio d’immortalità è un tentativo di favorire il distacco dell’anima dal corpo.
Anche da un punto di vista epistemologico vi sono notevoli e forse insuperabili differenze.
Mentre in occidente ricerchiamo i "Valori Primi", assoluti, l’episteme taoista si focalizza sull’accettare proprio ciò che non è assoluto ma mutevole, incostante, senza modelli precostituiti, proprio per questo, non conoscibile.

La realtà è una serie di eventi, imprevedibili e sostanzialmente inconoscibili nella loro essenza.
Per questo è meglio non interferire sul flusso naturale delle cose (Wúwéi
无为).

La fissità è considerata un pervertimento della natura, dove, invece, tutto scorre e muta (Huà
) incessantemente come l’acqua.
Per questo il taoista non annulla il suo Io e ricerca la virtù (
), il seguire il flusso naturale delle cose, per aderire in maniera quasi ingenua alla natura sia esterna, intesa come creato, sia interna, quale essenza del Sé.
Come l’idiota di Dostoevskij, il taoista non cerca di comprendere il senso di quanto avviene ma, più semplicemente, è negli avvenimenti, vivendoli nel loro incessante, casuale, manifestarsi.

Infine, sebbene il Taoismo, al pari di Anassimandro, Eraclito, Nietzsche e Heidegger, non possa ammettere la presenza di un Creatore, tanto più se "Persona", conduce comunque a una visione apologetica della realtà che permette al taoista di andare oltre il senso comune delle cose e, superando l’agnosticismo, di cercare le risposte che diano senso e valore alla propria esistenza.
Origini del Monachesimo

Similmente ai Padri del deserto, i primi anacoreti, rifuggirono il mondo violento delle società guerriera dell’epoca (6°- 4° sec. a.C.), per ritirarsi a una vita in contatto con la natura, riducendo al minimo i propri bisogni per liberarsi dai desideri di potere e ricchezza, valori che, ieri come oggi, tendono all’oppressione dei più deboli o, più in generale, per dirla alla taoista, a rompere l’Armonia naturale delle cose.
Solo nel secondo secolo d.C. si formò un nucleo ecclesiastico organizzato, con i Maestri Celesti,
Tiān shī 天师, i quali davano molta importanza al matrimonio. Usanza mantenuta ancora nella scuola Zhèng yī 正一, L’Uno Ortosso, dove i più alti gradi ecclesiastici sono raggiungibili solo da coloro che sono sposati e hanno famiglia.
Più avanti, nel IV sec. d.C., gli appartenenti alla Scuola Shàng q
īng 上清, la Suprema Purezza, tendevano a non sposarsi per dedicare le loro energie alle pratiche interiori e raggiungere l’immortalità, tramite una trasmutazione interiore e lo stato di comunione con il Tao.
Praticanti celibi e sposati vivevano insieme seguendo un protocollo simile ai monaci Buddisti ma ancora non ci troviamo di fronte alla figura di un monaco vero e proprio.
Infatti, il termine
Chūjiā 出家, diventare un monaco, lett. lasciare la famiglia, era usato per indicare coloro che semplicemente e volontariamente rinunciavano al matrimonio.
Nel V sec. d.C., troviamo per la prima volta un esempio di un taoista che vive seguendo una quasi-visione monastica, Kou Qianzhi (365--448) nel Tempio per la Venerazione della Vacuità,
Chóngxū sì 崇虚寺.
Altri maestri taoisti nel nord della Cina (Lu Xiujing, 406-477 e Tao Hongjing, 456-536), seguono lo stesso esempio ma molti dei loro seguaci rimangono nei villaggi o addirittura portano le famiglie con sé.
Sarà la Scuola Língbǎo
灵宝, Gioiello Numinoso, a creare, per prima, un sistema formale di ordinazione e di regole (Jiè ) da seguire, che sancirà chiaramente la separazione tra taoisti laici e religiosi.
Solo in epoca Táng
, quando il Taoismo diventerà religione di Stato, si definiranno, sotto l’influsso dell’organizzazione imperiale, regole più precise per le comunità monastiche.
Sebbene, come si evince da alcuni codici dell’epoca come il
Qiānzhēn kē,千真科 (Codice dei Mille Uomini Reali; CT 1410), le regole sono uguali per sposati e celibi.
Le comunità (
Guān ) ospitano preti celibi e sposati. Molto spesso le famiglie di questi ultimi vivono nel tempio.
L’obbligo del celibato per monaci e monache, sarà richiesto solo in epoca Sòng
.
In particolare, fu la Corrente Quán zh
ēn 全真, Completa Perfezione, la quale, sotto l’influenza delle correnti buddiste Chán , dominanti all’epoca, si diede una vera e completa strutturazione monastica.
Essa, dal 13° sec. D.C. si svilupperà e rafforzerà fino ai nostri giorni.
Il più antico codice monastico Quanzhen in nostro possesso risale al 14° sec., Regole per la Purezza dello Quanzhen, lo Quánzh
ēn qíngguī 全真情规.
Esso influenzerà tutti i codici successivi fino ai primi del 19° sec. quando,  Min Yide, un maestro della Scuola Lóngmén
龙门, Porta del Drago, scriverà il Qīngguī xuánmiào 清规玄妙(Misteriosa Meraviglia delle Regole della Purezza).

La vita dei monaci ha regole precise che vanno dalla preghiera quotidiana alla liturgia, all’ordinazione sacerdotale, alle regole di condotta sia nei monasteri che fuori di essi.
D’altra parte esistono anche regole punitive per chi contravviene ai voti o alle leggi dello Stato.
Esse vanno dal rimanere in ginocchio in preghiera per il tempo che impiega un bastoncino d’incenso a bruciarsi completamente (Guìxi
āng 跪香), all’espulsione con ignominia dall’Ordine (Zhúchū 逐出) al deferimento alla giustizia secolare per arrivare fino alla pena di morte per rogo (Huǒhuà 火化o Fénxíng 焚形).
È famoso il caso del priore del Báiyún gu
ān 白云观, il Tempio delle Nuvole Bianche di Pechino, ān shì lín 安世霖, il quale fu condannato al rogo da un consiglio di dodici monaci nel 1946.

Ovviamente, oggi si tende a un’interpretazione più umanistica delle regole e dei precetti e i vari monasteri sono autonomi nella scelta delle loro applicazioni.

Come si diventa un Monaco Taoista Quanzhen

Tutti i monaci taoisti Quanzhen sono celibi, vivono nel monastero e prendono, al minimo, i Dieci voti per Coltivare la Verità (X
iūzhēn shíjiè 修真十戒). Il numero dei voti aumenta man mano che si sale la scala gerarchica ecclesiastica.

Usualmente si entra in un monastero tra i dodici e i venti anni. Sono varie le ragioni che spingono un giovane a intraprendere questa strada. Esse vanno dall’innata vocazione alla vita spirituale alla scelta fatta da famiglie povere che non potendo sostenere e assicurare un futuro ai propri figli, li affidano ai monasteri i quali danno loro sicurezza e status sociale.

Per entrare in un Dàogu
ān 道观, il candidato deve essere accettato in un tempio minore, da un maestro taoista (Dàoshì 道士).
Il novizio deve apprendere come pregare, salmodiare, cantare, le regole dell’etichetta, rituali e liturgia, studiare i testi della scuola e quant’altro occorre per essere ordinato Dàoshì, sacerdote taoista.
Quando ha padroneggiato il programma richiesto, è condotto in un monastero pubblico, dove avverrà la cerimonia d’investitura, che dura cinquantatré giorni, officiata dall’Abate (fang zhang).
Al Tempio delle Nuvole Bianche di Pechino, la cerimonia viene celebrata in tre fasi: la "Dichiarazione dell’Essenziale", l’"Ordinazione di Mezzanotte" e la "Dichiarazione delle centinaia di voti della Scuola Quanzhen".
Agli ordinandi sono dati l’abito completo, una ciotola per il cibo e il certificato dell’ordinazione.
A questo punto sorge un nuovo monaco taoista della scuola Quanzhen il quale sarà libero di restare nel monastero, tornare dal suo primo maestro o iniziare un pellegrinaggio spirituale.

La vita in un monastero Quanzhen

I monaci si alzano all’alba e vanno a dormire al tramonto. Per circa un’ora dopo l’alba si dedicano a vari lavori (dal giardinaggio alla preparazione del cibo). Dopodiché si eseguono i riti del mattino seguiti dalla colazione. In questa prima fase è richiesto l’obbligo del silenzio. Seguono alcune ore di studio fino al pranzo. Il pomeriggio è dedicato a pratiche individuali come studio, meditazione, partiche di alchimia interiore e funzioni più strettamente religiose. La cena è seguita dal canto delle scritture talvolta da insegnamenti da parte dei Maestri più anziani. Fino al tramonto i monaci possono socializzare tra di loro.

Chi è il Monaco Taoista

È una persona che si dedica innanzitutto alla perfezione di sé, nel senso più globale e onnicomprensivo di questo termine.

Innanzitutto non possiede niente. In ultima istanza, neanche lui stesso.
La povertà o meglio, il non-possedere, è considerato come l’unico valore che dona la libertà di essere. Liberarsi dai legami e dai desideri materiali è una tensione costante in tutto il pensiero taoista, in quello monastico diventa una necessità strumentale.

Il Corpo è visto come uno strumento per esistere. Per questo è tenuto in gran conto e il monaco se ne prende cura sia grazie a una dieta vegetariana o comunque molto semplice, sia tramite tecniche psico-motorie o che lavorano sull’energia interiore (
) per mantenerlo in salute.

La Mente va educata tramite lo studio e l’auto percezione di sé (Nèigu
ān內观). Per questo, la meditazione (Zuòwàng坐忘), intesa come il porsi in uno stato di coscienza particolare e non come riflessione su un pensiero, e le tecniche di alchimia interiore (Nèidān內丹), sono un asse portante nella pratica quotidiana per creare e mantenere uno "spazio sacro interiore".

Il monaco coltiva la sua spiritualità e il contatto con la dimensione del divino tramite la pratica liturgica nello "spazio sacro esteriore".

Infine, seguendo gli insegnamenti del Dàodé j
īng 道德经, il Canone del Tao e del suo Carisma, il monaco fa sue le necessità del popolo di cui, in umile spirito di servizio, se ne prende cura, secondo le sue possibilità.

Pace e serenità.

Rev. Li Xuanzong
李玄宗 -道士

Prefetto Generale
Chiesa Taoista d’Italia



Bibliografia

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