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Sii Acqua

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Taoismo, taoismo, Tao, Daoismo, daoismo, Dao, yin yang, wu xing, bagua. La Chiesa Taoista d'Italia promuove il Taoismo (Daoismo) seguendo il Tao (Dao), per i taoisti.

Sii Acqua
Archetipo e cultura



1. La Cultura dell’ovvio.

Oggi più che mai l’umanità deve fare i conti con l’acqua.
Questo elemento dimenticato, presente fin dall’inizio dei tempi, finalmente è stato posto al centro della riflessione culturale e sociale.
Solo oggi ci accorgiamo che l’acqua è il vero, reale, problema della futura umanità.
Com’è potuto succedere che ce ne siamo dimenticati?
L’essere umano dà sempre per scontato l’ovvio cioè non presta attenzione a quanto appare così evidente da non valere la pena di farci delle riflessioni.
Guardiamo ma non vediamo.
Le cose sono sotto la nostra consapevolezza ma non ne abbiamo coscienza.
Mi pongo la domanda: cosa fa "apparire" le cose?
L’attenzione ma solo se essa è motivata.
In questo giocano un ruolo vitale i modelli culturali sociali e familiari.
Infatti, quando un modello culturale è dato per "scontato", nessuno ci bada più.
Questo è il sistema del potere centralizzato.
Oggi il dominio non si esplica più con le armi ma con i modelli culturali che la gente è stata subdolamente indotta a considerare ovvi.

Quello che riteniamo ovvio passa inosservato.

È ovvio che un animale debba essere scuoiato o sottoposto a vivisezione se il modello ci dice che questi esseri viventi non hanno diritto se non quello di essere al nostro servizio.
È ovvio che si facciano guerre per il petrolio perché accettiamo l’idea che ne abbiamo bisogno.
Ignorando l’infinito bacino delle fonti energetiche alternative.
È ovvio che le banche creino i loro giochini e facciano fallire gli stati nazionali se il modello denaro è considerato e dato per scontato come l’unico possibile.
È ovvio che lo stato sacrifichi i suoi cittadini se il modello sociale è quello di proteggere lo status quo nazionale o internazionale e non quello di porre al centro della riflessione sociale, la persona umana.
È ovvio che ogni secondo un bambino muoia di fame e sete se diamo per scontato il modello capitalista dell’ordine mondiale in cui non è concesso a nessuno stato di agire
extra ordinem.
È ovvio che i genitori dimentichino i loro figli se il modello dice che basta generarli, nutrirli e farli crescere al meglio, dimenticando che, soprattutto, abbiamo una responsabilità spirituale nei loro confronti.
È ovvio che l’acqua sia sprecata se il modello ci dice che siamo la società del benessere e che le nostre risorse idriche non corrono pericolo.

Potrei continuare all’infinito ma invito il lettore a porre la sua attenzione su un fatto: la cultura determina l’ovvio e quest’ultimo fa la differenza tra conquista e danno.

Siamo sensibili ai problemi della realtà ma scarsamente informati e ancora meno, se possibile, consapevoli. Questo è il grande problema.

Se vogliamo tornare a vivere nella "presenza" della nostra realtà, dobbiamo smantellare i modelli culturali dominati e crearne di nuovi.

Zhuang Zi, uno dei padri fondatori del Taoismo, 2400 anni fa, diceva: "Io non posso cambiare la società ma me stesso si!"

La società è un "individuo" che, come tutti gli altri esseri viventi, tende sempre a proteggere se stessa anche a costo di sacrificare i suoi figli.

Da entrambi i punti di vista, strategico e tattico, è inutile, dunque, attaccare frontalmente ma, se rifiutiamo il modello dell’ovvia intoccabilità della società e prendiamo coscienza che la società "sono io", e che, se io cambio, se cambia la mia visione della realtà, se il mio cambiamento si riflette intorno a me, alla fine, si raggiungerà una massa critica culturale che determinerà la svolta della società stessa.

Affinché si realizzi questo progetto, e dare inizio a nuova era, occorre tenere sempre presenti due capisaldi:

Bisogna sviluppare una cultura centrata sulla persona che consideri quest’ultima un Bene irrinunciabile dell’Umanità, un Meta-Valore a cui sono sottoposti tutti gli altri.
Usare un modello culturale universale, che sia comune a tutti gli esseri viventi affinché si possano identificare e unificare culturalmente.

Iniziamo a chiederci: che cos’è la "cultura"?

Le implicazioni semantiche di questo termine sono molto variegate ma se ci riferiamo alla sua etimologia latina, scopriamo che "colere" vuol dire coltivare e per estensione, culto o cura verso gli Dei.
Oggi indica l’insieme delle conoscenze e delle pratiche, acquisite nel corso del tempo, che costituiscono un bagaglio trasmesso alle generazioni future.
Questo permette l’identificazione di un singolo nel gruppo di appartenenza.

Più forte e definita sarà la cultura, quanto più essa penetrerà nel profondo della persona, tanto più quest’ultima s’identificherà nella sua comunità e con la sua esperienza amplierà la cultura di appartenenza.

Il cerchio è così chiuso e si forma una spirale centrifuga, auto alimentata, che, se non intervengono fattori nuovi ed esterni, non smetterà mai di crescere.
In sintesi potremmo dire che la cultura è bagaglio di esperienza comune e di studio acquisitivo personale.

Come si trasmette la cultura?

Attraverso modelli cognitivi e interpretativi che finiranno per costituire una "mentalità", tipica di un gruppo sociale, che varia nel tempo e nello spazio.
Un italiano non è diverso da un francese perché ha un dito in più.
Semplicemente hanno due mentalità diverse.
A mio avviso, la forza e la debolezza di una cultura risiedono nei suoi modelli culturali, proprio perché sono accettati, subiettivamene, dalla massa.
Se un modello è ispirato alla protezione e alla tutela della persona, ci sarà una crescita sociale armonica e felice. La ricchezza globale sarebbe distribuita e la fame e la sete, che affliggono un’enorme fetta dell’umanità, sarebbero solo un brutto ricordo.
Viceversa, un modello ispirato ai beni, al possesso del singolo, inevitabilmente, restringerà il cerchio dei beneficiari.
Basta analizzare il nostro modello di sviluppo, ormai vecchio e obsoleto, perché elaborato da una cultura ottocentesca, per rendersi conto di quanto sto dicendo.
Infatti, se valutiamo il cosiddetto "benessere" in base all’unico parametro della produzione di merci, il famigerato PIL (prodotto interno lordo), sarà chiaro perché il mondo è considerato in crisi e questo, a sua volta, ha generato la crisi di senso e di valori della nostra società.
Da qualche parte ho letto una frase che ritengo esemplificativa di quanto scrivo:
"Il nostro modello di sviluppo è riuscito a far stare male anche chi sta bene".
È vero.
Se vogliamo davvero cambiare la situazione a beneficio di tutta l’umanità, dobbiamo passare dalla cultura dell’ovvio, con i suoi modelli preconfezionati a beneficio di pochi, alla superiore cultura della consapevolezza con modelli nuovi, con una mentalità nuova, centrati sulla persona umana, la quale non è solo corpo e mente, non è solo istinto ed emozioni ma, soprattutto, è uno spirito eterno.

2. L’Acqua come Meta-Modello culturale

Quale modello culturale può essere utilizzato per creare questa nuova umanità?
Un antico libro sapienziale promuove la cultura centrata sulla persona, più di qualsiasi altro.
Inoltre in esso troviamo anche l’indicazione e la giustificazione culturale per il secondo caposaldo di cui dicevo sopra.
Il testo, risalente al quarto secolo a.C., è il Dao De Jing, il Canone del Tao e del suo Carisma, attribuito a Lao Zi. Non è un caso che esso sia il secondo testo più tradotto al mondo dopo la Bibbia.

In particolare riporto il capitolo venticinque che interpreto così:

C’era un Ente indistinto ma completo
(esistente già) prima della nascita del cielo e della terra.
Silente (senza suono) e vuoto (senza sostanza).
Autosufficiente e immutabile.
Onnipervadente eppure inesauribile.
Si può considerare come la madre primordiale di tutto l’esistente.
Io non conosco il suo nome.
Per designarlo lo chiamo il Tao.

C’è solo un elemento naturale che racchiude in sé tutte le caratteristiche elencate: l’acqua.

Essa ha volume ma non ha forma; è stato uno dei primi elementi a formarsi sulla terra; non ha un suono proprio, anche se fa sentire la sua voce nelle fontane o nell’oceano infuriato; non è solida, nessuno può, infatti, afferrare l’acqua ma tutti possono carezzarla; la sua esistenza non dipende da fattori esterni e la sua natura non muta mai; Non c’è un solo elemento che non contenga acqua eppure essa basta per tutti; solo l’acqua ha permesso la vita sulla terra.
Qui troviamo la giustificazione culturale dell’assunzione dell’acqua a modello culturale universale.
La cultura è anche prassi.
Non basta elaborare un modello cognitivo e interpretativo accettabile per  analogia a una visione cosmologica, per quanto essa possa essere antica e valida.
Come utilizzare questo modello nella prassi affinché produca una mutazione nelle coscienze in previsione di cambiare l’umanità?

La risposta è nel capitolo otto, dove dice che il Bene più grande (per l’umanità) è l’acqua.

Lo è perché essa beneficia tutti, indistintamente, e lo fa con bontà e senza chiedere niente in cambio né creare contese, poiché ce n’è per tutti.
Se agiamo ispirandoci all’acqua, ponendoci di là degli interessi individuali, ne conseguirà che l’equilibrio ecologico, l’ordine sociale, la sincerità tra le persone e tra i popoli, la libera espressione, l’aiuto reciproco, sorgeranno spontaneamente.

Laozi ci indica, nel capitolo settantotto, anche come motivarci ad attuare questo modello.

Egli dice che niente al mondo è più flessibile e cedevole dell'acqua eppure, quando attacca ciò che è duro e forte, nessuno riesce a resisterle, perché nulla può cambiarla.
Il capitolo termina con una fredda analisi:
"Tutti lo sanno, ma nessuno sa attuarlo".

In realtà nessun progetto può essere realizzato se cambiamo continuamente opinione, oppure ci piace semplicemente discutere sui problemi.
Dobbiamo smetterla con le velleità ed esprimere volontà cioè Fare.
Se la convinzione è profonda e consapevole niente e nessuno al mondo potrà fermare i nostri progetti.
Infine, nel capitolo quindici, ci dice come applicare questo modello culturale nella vita di tutti i giorni.
La persona che s’identifica nella cultura dell’acqua, si comporta con prudenza e consapevolezza di quanto gli accade intorno; sa di non esserne il padrone e, in questo mondo, si comporta come un ospite; con semplicità d’animo e apertura mentale si adatta continuamente, come l’acqua al suo contenitore; infine, poiché gioisce di quanto ha, non agirà mai per far diventare superfluo per sé ciò che è vitale per un altro. Mentre la nostra attuale società promuove una "cultura del pieno", vuoi di denaro, successo, potere, egli promuoverà una "cultura del vuoto" cioè i valori perseguiti non saranno i Beni materiali ma un cuore vuoto. Solo così saremo capaci di accogliere l’altro da noi.

Fateci caso, ciò che rende utili le cose non è la loro pienezza ma il vuoto che esse contengono.
Questo vale per una tazza, una stanza, il mozzo di una ruota ma soprattutto per il nostro cuore.

Infine alcune riflessioni a supporto di quanto detto finora che daranno forza e compattezza al movimento della cultura dell’acqua.

L'acqua è unita: non ha mai paura di essere divisa, poiché ogni goccia è fatta della stessa sostanza, essa sa che ciò sarebbe solo temporaneo e, alla fine, tornerà sempre a scorrere unita.
È fedele a se stessa: anche nelle situazioni più estreme perché la sua natura non può essere cambiata.
È potente: Benché abbia il potere di lusingare, confortare e lavare, può anche essere enorme, potente e travolgente.
L'acqua è calma: Può essere completamente immobile e nella sua tranquillità rispecchiare perfettamente il cielo.
L'acqua è intrepida: si lancia senza paura da qualunque altezza perché non ha paura di abbandonarsi.
L'acqua è equilibrata: in qualunque situazione, cercherà sempre il suo livello non appena è lasciata a se stessa. L'acqua scorre sempre verso il basso, verso il livello più stabile per questo si adatta a qualsiasi situazione in modo equilibrato.
L'acqua è universale: Senza di essa nessun essere vivente può sopravvivere.

Tutte queste caratteristiche la rendono un modello da imitare e lascio al lettore lo sviluppo di tutte le infinite implicazioni.

3. La Cultura dell’Acqua

Tutti sanno che noi siamo una massa d’acqua che cammina. Senza di essa non esisteremmo.
L’acqua è il vettore della vita.
La sua quantità totale sulla terra è circa la stessa. Invariata da milioni di anni.
L’acqua circolante sul suolo, nelle nubi, nei nostri corpi è sempre la stessa.
L’acqua che ha costituito i dinosauri è la stessa che costituisce il nostro corpo.
Grazie a questo suo continuo passare da un essere all’altro, dal cielo alla terra, dal cosmo alla Terra, conserva in sé le informazioni di ogni essere e di ogni cosa.
L’acqua, in tal senso è universale e porta in sé la saggezza dell’intero creato.
Non esiste, di fatto, alcun essere vivente o società umana che non sia venuta in contatto con essa. Non esiste una cultura laica o religiosa che non abbia utilizzato l’acqua come simbolo o strumento comunicativo e identificativo. Basta pensare ai vari riti di purificazione o di passaggio nelle varie culture, in cui l’acqua assurge a medium comunicativo con la dimensione del sacro e del divino.
Ogni giorno, tutti gli esseri umani, fanno gli stessi gesti con l’acqua, per lavarsi, bere, fare da mangiare, irrigare e così via.
Questo è forse l’unico aspetto costante e unificante dell’intera famiglia umana.

La cultura dell’acqua, quindi, è l’unica via possibile per progettare un futuro tranquillo all’umanità.
Solo essa può far indentificare il singolo non con il suo gruppo sociale ma con l’intera famiglia umana.
Sebbene, come stiamo vedendo in questi tempi, l’acqua può facilmente far sviluppare strategie d’interesse economico, dobbiamo ergerci a suoi difensori perché essa è un Bene dell’umanità e deve essere considerata come l’unità culturale fondamentale.

In conclusione, Acqua e Persona sono i due poli entro cui si gioca il nostro futuro.
L’uno protegge l’altra, senza l’una non esiste l’altro e viceversa perché costituiscono un binomio indissolubile.

Ciascuna goccia d’acqua, ciascun essere vivente, è un frattale dell’intero universo.
Così semplice.
Così grande.


 
 
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